come perdonare

ANATOMIA DEL PERDONO 2

UN APPROCCIO RADICALMENTE NUOVO AL PERDONO

Parte 2

UN VERO MANUALE DEL PERDONO

(Segue dopo la Parte 1 qui – Tradotto e in parte completato da una video conferenza di Teal Swan)

Quali sono dunque i passi del perdono?

  1. Quanto ti senti ferito/a da qualcuno, togliti completamente dalla testa il concetto di perdono (e fai lo stesso con le persone che si sentono ferite, se si rivolgono a te per confidarsi).

Scordatelo e concentrati piuttosto sulla tua guarigione. Per perdonare deve avere luogo una profonda guarigione. Il perdono avverrà in maniera spontanea una volta che ci dedichiamo a guarire.
Qui, prima del punto 2., è necessaria una parentesi.

Cosa si intende per guarigione?

Tutto è energia. Tutto ciò che esiste è fatto della stessa energia.

L’energia è sempre potenziale e latente ovunque, finché alcune forme precise di esse si manifestano nella realtà (modelli). I modelli formano il progetto della tua esistenza fisica.

Poiché tutto è un modello, anche tutte le forme di malattia sono modelli. Guarire qualcosa significa cambiare quel modello. Significa il contrario di ripetizione e ridondanza.

le fasi del perdono
Image by T Emmons

Come cambiare un modello?

Se qualcosa non è guarito, sta manifestando un modello che noi non vogliamo. Guarire significa cambiare il modello da qualcosa di indesiderato a qualcosa di desiderato. Ciò spesso significa modificare un modello nel suo opposto.

Esempi: se ci rompiamo una gamba, il modello opposto è ingessarla e rimetterla insieme. Se ci sentiamo abusati, la guarigione sta nel venire trattati amorevolmente. Se ci sentiamo bloccati, guarire significa essere capaci di muoverci. Eccetera.

Ora, osserva una situazione in cui ti senti ferita/o e chiediti: quale modello vi è sotto? E quale sarebbe il suo stato opposto? Qual è l’esperienza opposta di cui hai bisogno?

La tua attenzione in questa fase deve andare a questa domanda, non al perdono.

A volte cambiare modello è molto semplice e richiedere cambiare solo un’idea. Altre volte richiede la modifica di tante convinzioni, servono diverse esperienze e la guarigione di diversi livelli.

Se osservi qualcuno che ha perdonato, stai osservando una persona che è già passata al modello opposto (è guarita).

2. Smetti di porre resistenza al livello in cui ti trovi ora. Dovresti, al contrario, accettare dove ti trovi. Accettare quello stato emotivo doloroso e il fatto che non ti senti di perdonare.

Accettare non significa approvare. Significa ammettere la realtà.

Anziché scappare da queste emozioni negative, stai con esse, incondizionatamente e con tutta la tua presenza. Ascolta la verità profonda che trasmettono.
Come si fa?

a) Devi diventare prima consapevole di quell’emozione.

b) Devi prenderti cura di quell’emozione, vedendola come valida e importante. Ha senso!

c) Ascoltare in modo empatico quell’emozione cercando genuinamente di capire il messaggio che nasconde. Questo ti permette di essere vulnerabile senza paura del giudizio

d) Prova a dare un nome a ogni singola emozione che provi in quello stato. E a tutte le sensazioni che esso insieme al non-perdono porta con sé. E dai validità a ciò che provi: riconosci che queste emozioni in quel contesto sono giuste.

e) Permettiti di sentirti come ti senti in maniera piena, totale, prima di procedere verso qualunque tipo di soluzione. Datti spazio prima di risalire. Ciò significa stare con le tue emozioni invece di cercare di ripararle.

f) Solo dopo che hai sentito, accettato e approvato tutto ciò pienamente, puoi cercare in maniera attiva di migliorare come ti senti.

Il senso di lutto che proviamo è normale, sentiamo che ci è stato portato via qualcosa per noi importante. E anche l’elaborazione del lutto, come il perdono, non può essere forzata. È un processo, a cui devi permettere di svilupparsi dentro di te.

Demonizzare la rabbia, la furia, il senso di impotenza può solo rallentare il processo o mozzarlo.

Se opponiamo resistenza a ciò che è successo perché non vogliamo accettarlo, stiamo donando tutta la nostra energia resistendo a ciò che è avvenuto, e passato, invece di dedicarla a ciò che vogliamo.

i passi del perdono

3. Il perdono può avere luogo quando cambiamo la nostra prospettiva nei confronti delle convinzioni che abbiamo su quella situazione. Queste prospettive, che possono cambiare la nostra percezione, sono disponibili ovunque.

Cambiare prospettiva non significa invalidare la nostra prospettiva attuale o renderla indegna (es. lui/lei si comporta così perché ha vissuto cose peggiori delle tue), al contrario significa allargare il campo per far sì che la prospettiva dei nostri lati feriti trovi una sua ragione d’essere in una logica più ampia (es. comprendere il significato profondo di un’azione che ci ha ferito sulla base della storia dell’altro/a e dell’origine e del significato di tale atto nella sua logica, nel suo vissuto).

Quando riusciamo a fare questo, l’intero paradigma di rabbia e risentimento verso quella persona si frantuma.

Addirittura, a un livello ulteriore (con del tempo in mezzo), si può arrivare a un senso di gratitudine per ciò che è successo, e questo può avvenire solo quando si ha il quadro più ampio della propria missione nella vita.

Se questa prospettiva venisse proposta a uno stadio precedente del processo, non potremmo proprio percepirla o ascoltarla. Anzi, causerebbe l’effetto opposto, creando ancora più rabbia. Sarebbe come forzare un paraplegico a correre dopo una settimana dall’incidente.

4. Compassione ed empatia

Anche questo non può essere fatto prematuramente. È un abuso chiedere a qualcuno di sentire empatia verso chi l’ha ferito/a. È come chiedere a questa persona di aprire il suo cuore a qualcuno che gli sta tirando calci.

Questo deve venire dal soggetto stesso, ma non per sentirsi una brava persona, bensì per mettere fine a quella terribile tensione che la lega al proprio danneggiatore.

La compassione è una forma di connessione e sorge quando sentiamo di avere qualcosa in comune con qualcun altro. Può avvenire quando riconosciamo un dolore condiviso, una sofferenza comune.

Vi è un’armonia intrinseca nei sentimenti condivisi.
Quando sentiamo ciò che sente qualcun altro, è impossibile considerarci diversi o separati da lui/lei. È qualcosa che coinvolge per forza l’identificazione. E questa identificazione crea unione al posto di separazione.

Potrebbe esserti successo con un film di identificarti con qualche forma di dolore del personaggio considerato “cattivo” e di averlo così compreso, di giustificarlo coi tuoi amici che magari continuano a condannarlo. In questo caso puoi sentire una sorta di risonanza con quel personaggio. Questa è la compassione.

La compassione si manifesta immediatamente appena ci mettiamo nei panni dell’altro (sentiamo come l’altro).  

Quindi, ciò che dobbiamo fare è fare caso a come ci relazioniamo con il dolore della persona che ci ha feriti. Questo può cambiare totalmente la nostra prospettiva, l’idea che ci siamo fatti e le nostre azioni.

Aggiungo: per riuscire a perdonare, non è necessario che riceviamo le scuse della persona che ci ha ferito (o non saremmo liberi e non avremmo il libero arbitrio).

le fasi del perdono
Foto di Stefan Keller

5. Gratitudine o apprezzamento

Questo non dovrebbe mai al mondo essere forzato prematuramente. I circoli spirituali del momento e certe tendenze new-age tendono a semplificare il processo, consigliando alla persona appena ferita di considerare il suo problema una benedizione.

È come chiedere di baciare la mano che ci sta picchiando e se non lo facciamo dobbiamo sentirci non-evoluti, incapaci, indegni. Siamo arrivati all’assurdo, alla caduta dell’umanità di base e fare questo è una forma di violenza.

Questo passo, come i precedenti, avviene naturalmente, dopo aver vissuto quanto descritto prima.

Questo è il passaggio in cui iniziamo a vedere che l’ipotesi che vi sia una volontà universale che si muove solo per il nostro bene supremo potrebbe essere accurata.

Qui, se e solo se questo non viene fatto prematuramente, iniziamo a vedere il disegno e come questa situazione abbia aggiunto nella nostra vita anziché tolto.
Qui sperimentiamo ciò che di positivo potremmo trarne. E anche la parte positiva della persona che ci aveva ferito.

6. Alla fine, affrontiamo il passo del perdono che è chiamato “il rifiuto di perdonare”.
a) Il risentimento è una grossa fetta nel processo del perdono.

Lasciare andare o perdonare dà alla maggior parte delle persone l’impressione di dover lasciare andare anche il proprio bisogno insoddisfatto di essere trattati amorevolmente. E in maniera giusta, in un modo che crei fiducia.
Quindi, perdonare dà l’impressione di tradire se stessi.

Quindi, per onorare il proprio dolore, così come il bisogno di un trattamento giusto, tante persone non perdonano.

Il risentimento è come un muro che le persone usano per proteggersi, cercando di vedere soddisfatti i propri bisogni.

Il risentimento spesso viene dunque trattenuto come protezione e come promemoria che dice: “Nessuno mi tratterà mai più in questo modo.”

b) Inoltre, il sé di certe persone è talmente corroso che hanno bisogno di proteggersi con il ruolo della vittima, dato che la nostra cultura vede la vittima come “la parte buona”. A volte restiamo intrappolati in questo modo nel processo del perdono, perché inconsciamente solo così possiamo sentirci brave persone.

È un modo per stare al sicuro.

c) Esiste inoltre la sensazione condivisa che se qualcuno ti ha ferito dovrà in qualche modo pagarla e compensarti: ciò ci rende più sicuri perché sentiamo che qualcuno è in debito con noi. Questo è un altro gancio, una delle trappole che ci tiene legati.

Inoltre, questo ci fa sentire anche come se, visto il “debito”, questa persona non potrà farci ulteriore male.

Se sei in debito con me, sono più al sicuro di quanto lo ero all’inizio…

Questa trappola spesso non ci permette di perdonare.

È uno dei modi per prendere il controllo di una situazione in cui qualcuno non ci ha trattati in maniera onesta, giusta, paritaria o leale. Attraverso la colpa.

È importante a questo punto chiedersi, in tutta onestà:

“Cosa potrebbe succedere di male se lasciassi andare il risentimento che provo verso questa persona e la perdonassi, oggi?

E se perdonassi me stesso/a per il mio ruolo in questa situazione?”

La risposta potrebbe essere:

  1. se lo/la perdono, rendo “ok” ciò che ha fatto, mentre non lo è
  2. se lo/la perdono, non saprà mai quanto mi ha ferito/a, o
  3. se lo/la perdono, sarei come uno zerbino o un bungee ball: patetico/a, o
  4. se lo/la perdono, non avrò mai la giustizia che merito.

Se senti una o più di queste cose, ciò è perfettamente naturale. E chiunque nella tua situazione si sentirebbe così.

Ma presto o tardi arriva un momento molto importante, quello in cui realizzi che questo bisogno di vendetta e questo risentimento (sentimenti che sono del tutto fuori dal tuo controllo), sono come un veleno che ti sta mangiando dall’interno.
E restare attaccati a quel veleno anziché cercare di fare qualcosa al riguardo è come ingoiare veleno credendo che esso avvelenerà qualcun altro. Non avverrà mai.

La buona notizia è che, poiché siamo fatti in modo da continuare ad espanderci (come l’universo e tutto ciò che ne fa parte), solo continuando a vivere un passo alla volta arriveremo a questo punto per forza, perché fa parte delle leggi intrinseche alla vita per la sua preservazione ed espansione.

Ma possiamo aiutarci con le seguenti domande:

  1. Di cosa ho bisogno per lasciare andare questa situazione?
  2. Cosa posso fare con ciò che ho ora, qui dove sono?

Perdonare è come liberare un prigioniero dal carcere. E il prigioniero sei sempre stato tu, per tutto il tempo.

Il perdono è sempre il cambio di prospettiva di ciò che percepivamo.

Se allarghi il campo visivo potrai riconoscere che siamo tutti solo vittime di vittime.

Perdonare non significa dimenticare. Significa guarire da uno stato di dolore nella tua vita.

Il perdono è una capacità dormiente e presente in ciascun individuo. È un punto che tutti raggiungono prima o poi, se viene permesso al processo descritto di svilupparsi in maniera naturale.”

(Tradotto e in parte completato da una video-conferenza di Teal Swan)


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