lavori interiori

INCONTRO CON IL MIO BUIO PRIMA DI FARE IL PANE

SCOPERTE E VISUALIZZAZIONI DURANTE IL DIGIUNO

Oggi ho ascoltato la grande fame che ruggisce dal mio stomaco quando resta vuoto.

Oggi ho ascoltato il vuoto con la voce da tigre. Era, come fa sempre, più o meno all’altezza del plesso solare.

Oggi ho deciso di parlare alla mia belva interiore.

Mi sono avvicinata alla fame senza nutrirla, al vuoto senza riempirlo. Era una grande tigre e ruggiva volitiva e superba dal mio centro.

Presi la parola e, nonostante il suo aspetto, le chiesi:

“Chi sei tu, mostriciattolo?”

luce e ombra

Credo che la grande fame, offesa, mi abbia risposto qualcosa del tipo:

“Io sono una belva.”

Io, con una rara nonchalance, proseguii a chiederle:

“Sì, ma cosa ci fai qui, mostriciattolo?”

È a quel punto che la grande tigre iniziò appena appena a ridimensionarsi. Lei non voleva darlo a vedere, ma io me n’ero accorta.

Mi rispose, un po’ contrariata:

“Sono qui perché ho trovato un passaggio di buio.”

Mi concentrai allora su quale passaggio potesse avere preso per entrare in me e quale parte di me potesse essere buia. Ma vidi solo un’ombra innocua che collegava la posizione della tigre con uno spazio dietro la mia schiena, dove risiedono punti di contatto con il nostro potere e con i nostri corpi sottili. Così, le risposi:

“Guarda che ti sei sbagliata, quello non è un passaggio di buio, è la connessione al mio potere. Mi sa che questa volta hai sbagliato strada…”

E cosa accadde a quel punto?

La tigre divenne davvero piccola, ma non è questo che mi stupì di più.

Ciò che mi colpì profondamente fu vederla perdere tutta la sua regalità e iniziare a sentire soggezione di me, mentre chinava il capo, e, guardando in basso, cincischiava sul terreno con la sua zampa destra, persa e in imbarazzo.

Sapevo che aveva fame, anche se a quel punto la fame era sua e non era più la mia.

i nostri mostri
Foto di Skeeze

Quello era il mostro che mi aveva governata per decenni… Ma, lo giuro, in quel momento provai una grandissima compassione per questo essere affamato che si era perduto dentro di me e che aveva capito che lì non aveva speranze.

Si può avere compassione per il proprio nemico? Forse non mi era mai capitato. Oppure, i nemici non esistevano.

Giuro che questo era un colpo di scena che non mi sarei mai aspettata. Mi misi totalmente nei suoi panni e le dissi con il cuore caldo:

“Certo che anche tu devi mangiare qualcosa…”

Pensai a dove poterla mandare a mangiare buio, vuoto e paura – il suo pasto preferito – ma non vi era persona a cui ciò avrebbe giovato.

Allora, dal cuore mi uscì questa idea:

“Sai, potresti provare a mangiare qualcosa di diverso.”

(Articolo: Usare la visualizzazione)

Lei fece silenzio pensandoci su, poi ci fu un attimo di riflessione tra me e me, mentre la vedevo così sola e vulnerabile, e a quel punto mi uscì, come un ruggito di gioia:

“Cucinerò io qualcosa per te!”

Andai a casa e feci il pane.

Un pane pieno di tutto.

Pieno del mio vissuto, così che anche lei avrebbe potuto assaggiare qualcosa di ancora vagamente familiare. Ma questa volta, io e lei eravamo alleate e non le gettavo un tozzo di pane qualunque per metterla a tacere: glielo facevo io e lo mangiavamo insieme con grande piacere. 

La guerra era finita.

L’abisso, sciolto.

Il vuoto era pieno di meraviglia e comunicazione.

E la fame, solo uno strumento per ascoltarsi meglio e conoscersi meglio.


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