albero morto

POSSIBILE FAR QUESTO A UN ALBERO?

COSA SERVE PER FAR QUESTO A UN ALBERO?

La misura è colma.

Non possiamo più tacere.
Non abbiamo più scuse per non sapere.
Non sapere che quello che avviene agli alberi sotto i nostri occhi, dall’invenzione della motosega in poi, è pura violenza, puro abominio, non differente da quello perpetrato nei lager di un allevamento intensivo.

Mi appello alla parte selvatica di tutte le persone che mi leggono. Al loro buonsenso ancestrale. Alla loro parte sacra, collegata alle origini.

Collegate il cuore alla rete della Vita, non solo della vita umana, ma di tutte le forme di vita. O non avremo speranze.
Collegatevi.
Non in senso romantico o sentimentale, in senso assoluto, oltre le definizioni. Nel modo che potete trovare solo dentro di voi, come quando abbracciate un genitore a cui non riuscite a dire “ti voglio bene”.

Il vostro albero.

La “rete” mi ha portato il brano che condivido con voi qui sotto, con relativa foto. E’ del Dott. Giovanni Morelli di Nuova Linfa. Abbiamo bisogno di più persone così. Abbiamo bisogno di più brani così. E la gestione degli alberi non può rimanere prerogativa maschile (di un maschile incapace, che fa piangere gli arboricoltori professionisti).

Dove siete donne che corrono coi lupi? Dove siete donne selvagge? Dove siete streghe, curandere, sacerdotesse?

In una fase di risveglio e di ritorno alla Madre (Terra), c’è ancora qualcun* che crede che mozzare, decapitare, capitozzare un albero sia fargli del bene e rinforzarlo?

capitozatura alberi e scempi urbani

Oggi non ho altre parole perché mi escono solo grida. Non sono le mie, vengono convogliate da sottoterra e mi attraversano come tuoni, non riesco a sopportarle.

Qui il mio più acuto invito ad informarvi, a far girare le informazioni giuste per debellare l’ignoranza, a fare ciascun* di noi un passo per uscire da quest’orrendo Medio Evo, dalla caccia a ciò che è rimasto di selvaggio e di vivo.
Qui il mio massimo appello per scuotere le istituzioni, per istruire la gente, per consigliare il vostro vicino, per segnalare abusi, per andare una volta in più dallo psicologo prima di infierire sul mondo, per smettere di fingere di non vedere questi corpi mutilati, che non possono neanche difendersi, né con la parola, né con il movimento.
Ma che a livello di esperienza e sensibilità potrebbero sotterrarci come un sassolino – noi esseri ottusi e otturati non siamo neanche in grado di reggere il confronto con certe grandi anime.
Lo dimostra il nostro operato, ogni giorno. Non sentire niente e tagliare. Tagliare sogni, creatività ai bambini, tagliare potenzialità, tagliare peli e capelli e l’erba compulsivamente, tagliare i “vorrei” e i “voglio”, tagliare quello che volevamo dire, tagliare perfino il pelo al cane, tagliare via la femminilità sacra alla donna e la virilità sacra all’uomo. Tagliare gli alberi, le fonti della vita.
Non sentire niente e tagliare. Come se non ci fossero conseguenze.

Ecco per tutti il brano che potrebbe far capire meglio cosa sta succedendo, in forma sempre più grave.

cedro capitozzato, scempio

“Cosa serve per fare questo ad un Cedro?

Serve un proprietario incapace di cogliere il valore del suo albero, al punto da farlo seviziare, danneggiandolo irreparabilmente, forse inseguendo i fantasmi delle sue paure o vagheggiando di gronde immacolate.
Serve uno spaccalegna dotato di motosega, pronto a sacrificare qualunque rigurgito di professionalità in nome di qualche Euro, convinto che l’albero non sia altro che un pezzo di legno.
Serve un’amministrazione comunale connivente o, forse, solo profondamente ignorante, comunque pavida e decisa a giustificare una tale brutalità in nome di una mal interpretata libertà di intervento.
Serve l’indifferenza delle decine e decine di cittadini che, quotidianamente, passano di fronte a questo scempio e non colgono l’implicita offesa arrecata alla collettività di cui fanno parte.

Tra questa potatura ed i maltrattamenti arrecati ad un animale, i rifiuti abbandonati per strada, gli atti di vandalismo o le prevaricazioni verso i deboli non c’è nessuna differenza.
Perché quando parliamo di danni arrecati agli alberi non parliamo di tecnica e non parliamo nemmeno di estetica: parliamo di etica.

Gli alberi sono esseri viventi sensibili e complessi.

Sono accolti nelle nostre città in nome degli innumerevoli vantaggi estetici, ecologici, ambientali e sociali che ce ne derivano. Per secoli gli alberi ci hanno nutrito con i loro frutti, ci hanno scaldato e protetto con il loro legno, hanno alimentato i nostri sogni e le nostre leggende. Forse l’abbiamo dimenticato…
Abbiamo il dovere morale, prima che professionale, di riconoscere la loro natura vivente, la loro alterità rispetto al nostro essere animale, il loro diritto all’autodeterminazione della forma e, in nome di tutto ciò, garantire loro una esistenza dignitosa.

Oggi disponiamo di tutti gli strumenti conoscitivi, normativi ed operativi per fare in modo che ciò non accada più.
Quello che ancora manca è una coscienza comune, la condivisione di un sentimento di imbarazzo e sgomento di fronte a potature come queste. Dobbiamo imparare ad indignarci.
Solo l’educazione può colmare questa voragine. Bisogna cominciare a parlare di alberi; bisogna parlarne ovunque, ma soprattutto nelle scuole, il luogo in cui si formano le future generazioni.”

Platano scannato
Un ottimo lavoro… 🙁

DEVI COMINCIARE A PARLARE ANCHE TU

Non possiamo più aspettare. Gli alberi stanno urlando, e il giorno in cui apriremo i canali giusti per sentire le loro grida non reggeremo lo strazio.

Nel caso di persone disinformate o di obiezioni, ti invito a diffondere IL REGOLAMENTO DEL VERDE PUBBLICO E PRIVATO che trovi sul sito del tuo Comune di appartenenza.

Le norme esistono, ma è ora di farle rispettare, di far scattare multe, di informare tutti, anche il macellaio, anche la casalinga, anche l’elettricista, anche la segretaria, il pensionato, la baby sitter.

Non abbiamo davvero più scuse.
L’ossigeno lo respiriamo tutti. Tutti discendiamo dagli alberi. E una volta evolutici dall’antico primate (fino a un certo punto, perché l’evoluzione media di una specie necessita milioni di anni), gli alberi ci hanno dato riparo, ci hanno dato il loro corpo per rappresentarci Dio prima che la Chiesa li deforestasse in massa in quanto “diabolici” (es. Pianura Padana); ci hanno fornito legna per le prime traversate del mare, ci hanno donato ecosistemi ricchissimi, una varietà di vita di cui neanche siamo consapevoli, e soprattutto, l’aria per respirare.

Tanto, tanto ossigeno ogni giorno, una quantità che ancora molti di noi ignorano. La forza per trattenere la terra e rilasciarci l’acqua là dove serviva. E, quando abbiamo iniziato a sporcare tutto, perfino la possibilità di ridurre il calore e il grado di inquinamento.

Adesso tocca a noi.

Qui un altro brano di Giovanni Morelli su come avrebbe voluto essere un pino se non fosse intervenuta la parte traviata dell’essere umano.

Qui un mio articolo precedente sui danni che produce la disconnessione umana dal mondo arboreo. D’altronde, gli Indiani d’America ce l’avevano detto subito, e non solo loro. Cosa vi aspettavate?


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